Teatro

Teatro Stabile di Napoli: 10 anni e un impegno

Teatro Stabile di Napoli: 10 anni e un impegno

Un patrimonio di tradizioni e luoghi gloriosi, dal Mercadante al San Ferdinando, e una eredità materiale ed immateriale che ha pochi eguali al mondo: il 10 marzo, in un affollato teatro Mercadante, sono stati celebrati i 10 anni di attività del Teatro Stabile di Napoli, anche attraverso un volume edito per l’occasione.
Alla presenza del presidente Adriano Giannola, del direttore Luca De Fusco e degli assessori alla cultura del Comune della Provincia e della Regione, si è affrontato soprattutto il futuro, essendo imminente e doveroso lo sforzo per riuscire ad entrare nel ristrettissimo numero dei Teatri Nazionali previsti dalla riforma della legge cosiddetta Valore Cultura, che prevede una serie di requisiti per rientrare nell'élite della scena italiana e che ad oggi vede la presenza certa degli stabili di Torino, Milano, Genova e Roma.

Entro il prossimo 15 gennaio, si dovrà dimostrare di possedere requisiti come longevità, capienza delle sale, numero di repliche e produzioni, oltre alla presenza di una scuola di alta formazione teatrale.
Nonostante un contributo annuo di soli 400mila euro rispetto a quello degli altri Stabili di circa un milione – ha ricordato il direttore - stiamo cercando di sconfessare la convinzione generale che vuole come ultimo teatro al Sud quello di Roma. E' essenziale, per accedere ai privilegi di Teatro Nazionale, l'acquisizione del San Ferdinando come seconda sala e l'istituzione di una Scuola di formazione”.

Per il San Ferdinando, il teatro che fu di Eduardo (ovvero la seconda sala che risulta solo in affidamento, mentre la terza è il Ridotto), devono ancora completarsi i necessari iter burocratici partiti con l’atto di donazione alla città, e lo stesso Luca de Filippo auspica l’integrazione con lo Stabile, ed anzi un suo ruolo di pari livello rispetto al Mercadante. Ci sarà poi da provvedere al numero dei posti in sala, dovendo possedere almeno due strutture per mille posti complessivi, di cui la principale dovrà averne non meno di 500.

Un altro argomento da affrontare sarà inoltre quello del divieto, per i direttori, di firmare anche la regia degli spettacoli, mentre l’altro requisito della scuola di formazione teatrale per attori, tecnici e registi, è intenzione del Comune realizzarlo nel San Ferdinando – più volte il Sindaco De Magistris si è espresso in tal senso – andando incontro così anche ad un antico desiderio dello stesso Eduardo.

Altra esigenza ancora non assicurata, è il numero di giornate lavorative annue, che dovrà essere conteggiato sulle scritture, oltre che sui dipendenti, con un minimo di 15.000 giornate (oggi il Piccolo ne annovera 30.000 e lo Stabile di Napoli è fermo ad 8.000).

I temi sono molto più ampi del discorso puramente culturale, con buona pace di chi pensa che con la cultura non si mangia: gli indotti creati dal movimento sono una realtà solida, ed il ragionamento segue un leit-motiv che scorre nel Paese in più di un settore culturale e produttivo. In definitiva, se si considera l’eccellenza artistica (l'assessore del Comune di Napoli, Nino Daniele, ha definito Napoli "una città geneticamente drammaturgica, che già nel nome è capitale di un teatro nazionale"), lo Stabile è doveroso che diventi Nazionale, mentre per questioni di anzianità e valore (economico) dell'attività svolta, gli altri quattro concorrenti sono avanti, ed un passo indietro troviamo Napoli, Venezia e Firenze. Ma in questo caso è la norma stessa, che contribuisce a creare valutazioni legate più ai parametri quantitativi che a quelli qualitativi, e questo è un limite che forse poteva essere meglio contemperato.